giovedì 16 febbraio 2012

Servillo legge Napoli: Sovente e Borrelli alla ribalta

Da sempre Napoli è stata una città ricca di meraviglie; fin troppe, al punto che la natura «propose di dare questo paradiso ad habitare a diavoli», come scriveva nel 1539 Bernardino Daniello, commentatore di Dante. Ancora oggi, a distanza di mezzo millennio, Toni Servillo legge alcuni brani classici o icastici della cultura partenopea, accompagnando l’ascoltatore nel paradiso, nel purgatorio e nell’inferno di Napoli, attraverso una tradizione avvezza a trascurare come inesistenti i confini tra aldiquà e aldilà e a mettere in contatto i vivi con le anime dei morti, con i santi o, addirittura, “cu o Pateterno”.
Nello spettacolo che Servillo sta portando in giro per l’Italia e che attualmente è in cartellone al Teatro Argentina di Roma, i brani e gli autori scelti per le letture coprono l’arco degli ultimi due secoli. A rappresentare il paradiso troviamo Lassamm’ fa’ a Dio di Salvatore Di Giacomo; De Pretore Vincenzo di Eduardo De Filippo; A Madonna d’ ’e mandarine e ’E sfogliatelle di Ferdinando Russo. Per il purgatorio, Fravecature di Raffaele Viviani; A Sciaveca di Mimmo Borrelli; ’O vecchio sott’o ponte di Maurizio De Giovanni. Per l’inferno, Litoranea di Enzo Moscato; Sogno napoletano di Giuseppe Montesano; Napule, ancora di Mimmo Borrelli. Per il bis, A livella di Totò; ’Nfunno, un’altra volta di Eduardo De Filippo; Primitivamente,  di nuovo di Raffaele Viviani. Infine, per la chiusura, alcuni versi di Michele Sovente.
I nomi sono tanti e noti ai più: chi non conosce Di Giacomo, De Filippo, Viviani, Totò? Alcuni, però, saranno forse meno familiari con i nomi di Sovente e Borrelli, entrambi originari dei Campi Flegrei. Michele Sovente, nato, vissuto e morto meno di un anno fa a Monte di Procida, e precisamente a Cappella, scriveva in una lingua “una e trina” che mescolava latino, italiano e dialetto; era una delle firme del quotidiano Il Mattino. Il dialetto locale, un idioletto, è stato scelto come lingua di espressione artistica anche da Mimmo Borrelli, nato a Torregaveta nel 1980, che a soli 26 anni, con ’Nzularchia, ha vinto il Premio Riccione, prestigioso per la drammaturgia; la sua Napule ha un gusto dell'accumulazione che ricorda la Scena delle ingiurie della Gatta Cenerentola. Tra i molti suoi meriti Servillo ha, dunque, anche quello di aver riportato alla ribalta questi due intensi autori, provenienti da una terra essa stessa misterica e poetica.

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