lunedì 6 febbraio 2012

Tu chiamale, se vuoi, come ti viene naturale


Provate a entrare in un bar di Roma e a chiedere un brasiliano. O, viceversa, un marocchino in un bar napoletano. Vi guarderanno, non capiranno, vi chiederanno di spiegarvi meglio. Eppure, in un caso o nell’altro, volete la stessa cosa: il caffè in vetro con l’abbondante schiuma di latte spruzzata di cacao in cima e una discreta dose di zucchero al fondo.
Brasiliano (diffuso a Napoli), marocchino (nella capitale) sono un esempio dei tanti geosinonimi di cui è disseminato il nostro Paese, parole di zona in zona diverse, che indicano, però, medesimi oggetti. Sono, dunque, sinonimi a tutti gli effetti, con la particolarità di variare di area geografica in area geografica (magari di regione in regione, a volte di città in città) e di denotare per lo più realtà della vita quotidiana: cibi, attività consuete, utensili domestici, denominati con le parole familiari che ascoltiamo sin dalla nascita.
La parannanza romana sarà, allora, il mantesino napoletano. Tra i pesci, al coccio partenopeo corrisponderà la gallinella non solo romana; tra gli oggetti domestici, al ruoto napoletano la teglia nazionale. Alcune parole tipicamente dialettali si sono poi estese ben al di fuori della cerchia locale: è il caso della pizza e dello sfizio, che da Napoli si sono diffusi in tutta Italia. Per la pizza, la trafila è interessante: in area romana la parola ha infatti acquisito anche il significato di “cosa noiosa”. 
Ma a chi va il titolo di regine dei geosinonimi? Non ci sono dubbi: in tempo di Carnevale, alle frappe della capitale e alle corrispettive chiacchiere napoletane.

Nessun commento:

Posta un commento