lunedì 6 giugno 2011

La Capria, ferito a morte in un'altra galassia


Sembra davvero arrivare da un’altra galassia, il La Capria che ha festeggiato i cinquant’anni di Ferito a morte, ieri a Napoli, nel chiostro di San Paolo Maggiore: si intrattiene su questioni di poetica, accenna a una filosofia di vita, ma di critica sociale alla città non vuole proprio parlare. Come se ormai si trattasse di un’altra dimensione.
In dialogo con Silvio Perrella, sin dall’esordio conferisce l’impronta desiderata alla conversazione: leggendo l’incipit del romanzo, subito disquisisce di scelte stilistiche e passaggio di anni, soffermandosi su quella «fortezza volante» che in una più recente edizione si è trasformata in «aereo», per adeguare ai tempi i termini della similitudine.
Dall’incipit alla nascita del libro si svolge, così, il discorso dell’autore. Originato da ricordi e note sparse che l’hanno accompagnato nel trasferimento da Napoli a Roma, Ferito a morte ha avuto vita in un’atmosfera di forte innovazione; non è un caso che La dolce vita di Fellini, precedente di solo un anno al romanzo di La Capria, inizialmente dovesse chiamarsi La bella confusione, sintesi e dato estetico di un particolare momento storico.
Il libro, a sua volta, avrebbe dovuto portare un titolo diverso, Lo spazio di un mattino, ricalcando la struttura simbolica della narrazione: una giornata, dieci anni, racchiusi in un romanzo. La domanda che consegue da un racconto così organizzato è esplicitata dallo stesso scrittore: dieci anni o ventiquattro ore hanno lo stesso valore? La risposta è positiva se si guarda non alla durata, ma alla cifra di “spreco della vita”. La vita: chi la spreca, si salva – suona la filosofia di La Capria. Uno sprecare che è un darsi, in un moto di eterna giovinezza.
E in un ricordo della gioventù, l’autore si richiama anche alle immagini primarie, quelle che ci toccano vivamente agli albori della coscienza e restano nella mente. Come lo sfarinarsi, sotto le mani, del tufo di Palazzo Donn’Anna, luogo evocativo di per sé, che ha nutrito la fantasia dell’acerbo scrittore.


In età più adulta la scrittura è stata una scommessa mortale: o riesco o sono un buono a niente, si è imposto La Capria. Narrare Napoli è equivalso a camminare sul filo di un coltello, per la pericolosità di un argomento che naturalmente fa «sbracare gli scrittori». La parola d’ordine è stata ‘sorveglianza’, attenzione alle virgole, agli aggettivi, per allontanare il patetico come un’insidia. Napoli non è patetica, e l’autore le ha dato vita attraverso il racconto polifonico, l’intreccio di voci varie e indeterminate. Irrilevanti. Circondate da un «silenzio assordante».
Dal silenzio attorniante agli abusi della «classe digerente», il passo è facile e scivoloso. Ma La Capria non si lascia trascinare, nemmeno quando Perrella cita la causa di risarcimento danni per una scena del romanzo, mossa da un guardiano di Villa Peirce dietro cui si profilava l’ombra di Lauro. Lo scrittore si schernisce, il momento sociale del romanzo non ha più importanza: quello che conta è lasciare un sentimento d’affetto per l’opera. L’autore riscontra perciò con piacere la nostalgia provata anche dalle nuove generazioni di lettori, per epoche della città mai direttamente vissute: tutti i napoletani hanno un vago sogno di una Napoli/Gerusalemme celeste. Perrella, però, incalza: in città le energie schiaffeggiate sono troppe, c’è una ferita che non è rimarginata, uno strazio che non è passato.
La Capria svicola, in analogia con la topografia del centro storico. Alla fine, però, una domanda dal pubblico sulla situazione attuale è fin troppo inchiodante. Non si scappa. Lo scrittore, allora, diventando all’uopo Maestro, non solo di scrittura ma anche di vita, risponde: ho pudore a pronunciarmi su certi argomenti, perché non vivo più a Napoli, ma a piazza Grazioli a Roma; solo chi vive a Napoli e ne sopporta giorno dopo giorno le difficoltà può parlare di Napoli; io, se lo facessi, sarei un maleducato: chi è fuori deve solo ascoltare. Da un’altra dimensione.



M.L.P.

1 commento:

  1. "Sprecare che è un darsi": fa cogliere Napoli, La Capria e tutti gli sprechi che dare non sono

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