domenica 5 giugno 2011

Il nascere della popolazione dei napoletani

Il nascere della classe dei nobili, mi giovò appunto moltissimo per poter poi, senza la taccia d’invidioso e di vile, dispregiare la nobiltà per sé sola, svelarne le ridicolezze, gli abusi, ed i vizj; ma nel tempo stesso mi giovò non poco la utile e sana influenza di essa, per non contaminare poi mai in nulla la nobiltà dell’arte ch’io professava.

Vittorio Alfieri, Vita, 1804 

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No, non faceva sul serio, non era possibile. A Napoli? E chi, e di che, s’è mai scandalizzato a Napoli? Dove lo metti il gusto della spregiudicatezza? Gli atteggiamenti da profeta disarmato qua non attaccano, si pensa sempre che lo fai per interesse. Poteva solo diventare antipatico ai suoi presunti colleghi. Stesse attento.
– Qui siamo tutti troppo simpatici, è una città di simpaticoni la nostra. Io la gente simpatica non la posso sopportare.


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E comunque il napoletano però non si riconosce, non si vorrà mai riconoscere, nel modello che gli offre lo specchio della “napoletanità”. Egli “sa” di non essere quello, lo rifiuta e a volte ne è disgustato. Ma non sa cosa potrebbe essere al di fuori di quello. Ed è dunque con un misto di attrazione e repulsione che egli si contempla, e anche questo suo atteggiamento nei confronti della “napoletanità” fa parte della sua “napoletanità”, perché la “napoletanità” è inevadibile per lui; e fa parte anche della “napoletanità” sapere che questo circolo vizioso è cosa relativa e da non sopravvalutare, perché ognuno è condizionato da qualche cosa e deve confrontarsi con quella, prima di confrontarsi con le cose che contano.

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