lunedì 13 giugno 2011

La Carta di Roma: il rispetto dei migranti, a parole e quindi a fatti

A giudicare dal linguaggio di buona parte dei giornali e siti di informazione (di qualsiasi gruppo e orientamento politico), le indicazioni contenute nella Carta di Roma non sono ancora padroneggiate (o conosciute?) da chi nel nostro Paese gestisce le notizie. Ad esempio, parole come immigrati, migranti, rifugiati, extracomunitari, clandestini vengono alternate con disinvoltura, inconsapevolezza, come se si trattasse di ovvi sinonimi o termini interscambiabili. Eppure, il Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti (meglio noto, appunto, come Carta di Roma) si è espresso chiaramente al riguardo.
Sollecitato dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e approvato nel 2008 dal Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti (CNOG) e la Federazione della stampa italiana (FNSI), il documento si richiama ai doveri del giornalista (in particolare al rispetto della dignità della persona, senza discriminazione alcuna), alla precedente Carta di Treviso per la tutela dei minori e all’articolo 2 della legge istitutiva dell’ordine, in relazione al rispetto della verità sostanziale dei fatti. Su queste basi, la Carta di Roma invita i giornalisti italiani a «osservare la massima attenzione nel trattamento delle informazioni concernenti i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta ed i migranti nel territorio della Repubblica Italiana ed altrove» attraverso vari accorgimenti: usare termini appropriati; evitare notizie imprecise, sommarie o distorte; tutelare l’identità e l’immagine degli intervistati; consultare, quando possibile, esperti in materia. I soggetti promotori del protocollo si impegnano anche alla formazione dei giornalisti, al monitoraggio delle notizie e all’istituzione di premi, in riferimento ai punti toccati dal documento. Allegato a quest’ultimo è fornito un glossario, che chiarisce la differenza tra richiedenti asilo, rifugiati, beneficiari di protezione umanitaria, vittime della tratta, migranti/immigrati, migranti irregolari/clandestini.
Rispetto al glossario, qualche precisazione e qualche aggiunta possono essere utili. In primo luogo, oggi si tende a distinguere i migranti dagli immigrati. Il termine ‘migranti’ si riferisce al generico spostarsi da un Paese all’altro e indica una categoria molto ampia, all’interno della quale possono essere ricondotti tutti i casi di migrazione (dai richiedenti asilo ai beneficiari di protezione umanitaria, ecc.). Purtroppo, in certe situazioni il migrare diventa una condizione perenne dell’essere umano. Con ‘immigrati’, invece, si intendono più specificamente le persone trasferitesi in un Paese diverso dal proprio per motivi essenzialmente economici, di ricerca del lavoro. ‘Emigrati’ sono queste stesse persone, osservate, però, dalla prospettiva del proprio Paese lasciato. Il diritto d’asilo è contemplato dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, all’art. 14, ed è presente nelle carte costituzionali dei diversi Stati, per esempio, nella Costituzione italiana, all’art. 10. Lo status di rifugiato (successivo alla richiesta d’asilo) è fissato dalla Convenzione di Ginevra del 1951. I richiedenti asilo, i rifugiati e i titolari di protezione umanitaria possono essere indicati complessivamente con la sigla di RARU. I profughi’ sono le persone costrette ad abbandonare il proprio Paese in seguito a guerre, calamità naturali o persecuzioni personali: i profughi, facendo richiesta di asilo, possono essere riconosciuti come rifugiati. Gli ‘sfollati’ sono coloro che fuggono dal proprio luogo di residenza, per gli stessi motivi dei rifugiati, ma che restano all’interno del proprio Paese. Infine, gli ‘extracomunitari’ sono tutti i cittadini dei Paesi non appartenenti all’Unione europea: americani, giapponesi, cinesi, sudafricani, svizzeri, norvegesi, ecc. Quest’ultimo termine è tra i più insidiosi, distorti e abusati, con una connotazione prevalentemente negativa. Eppure, senza extracomunitari, in Italia ci sarebbe, per esempio, un crollo del turismo.

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